Il riutilizzo di determinati prodotti, la differenziazione dei rifiuti, la riqualificazione degli spazi abbandonati: tutto trova ragion d’essere, oggi come oggi. Riattivare e rivitalizzare uno spazio urbano in disuso ha, effettivamente, un suo enorme perché.

Giusto per farci un’idea: la stima del consumo giornaliero di suolo previsto per i prossimi 20 anni, in Italia, ammonta a più di 75 ettari al giorno. L’urbanizzazione pro capite è pari a 230 mq per abitante. In Italia, mediamente, non si riesce a tracciare un cerchio del diametro di 10 km senza intercettare un nucleo urbano (fonte: WWF Campagna RiutilizziAMO l’Italia).

Nel 2012, in 15 regioni italiane è stato superato il 5% di suolo consumato. Le maggiori percentuali sono quelle di Lombardia e Veneto (oltre il 10%). A seguire, in Emilia-Romagna, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia, dove i valori sono tra l’8% e il 10% (fonte: ISPRA, 2014).

E qui arriva Pop Hub, uno strumento tecnico che focalizza l’attenzione sulla riqualificazione degli spazi abbandonati e sottoutilizzati per favorirne il recupero.

Pop Hub

La mission di Pop Hub è quella di ridare vita agli “scarti urbani”, trasformandoli in luoghi di innovazione sociale, di produzione culturale e di imprenditorialità locale diffusa. Concepito per la rilevazione urbana, e al servizio delle amministrazioni locali, Pop Hub può essere utilizzato direttamente dagli utenti per generare idee di riutilizzo.

Forse non tutti sanno che Pop Hub è vincitore del bando Smart Cities and Social Innovation nell’ambito del PON Ricerca e Competitività 2007-2013 finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha vinto anche la Call for Ideas - Spazio pubblico/networks/social Innovation promossa dalla Biennale dello Spazio Pubblico, edizione 2013.

Pop Hub punta a creare un network nazionale di progetti virtuosi e di buone pratiche. Sviluppatosi inizialmente in Puglia, ora si estende anche ad altre regioni italiane come, ad esempio, la nostra Emilia-Romagna.

Insieme a Punto di Vista - Cooperativa Architetti, Pop Hub vuole realizzare un censimento degli edifici dismessi, pubblici e privati, nei capoluoghi di provincia emiliano-romagnoli. Ho parlato di questo progetto insieme a Davide Carluccio, architetto che collabora con Punto di Vista.

Ciao, Davide! Dimmi, quando e come nasce Pop Hub?

Dismesso

Ciao, Anna! Pop Hub vuole rivoluzionare il modo di vedere e di intendere il patrimonio dismesso di una città, trasformandolo in una risorsa. Per fare questo, investe sulla riqualificazione degli spazi abbandonati. E lo fa attraverso una piattaforma in cui segnalare nuovi edifici e spazi intorno a te, o nella tua città.

Il progetto prevede la partecipazione delle persone nella determinazione di nuove destinazioni d’uso. Così come la possibilità di innescare nuovi processi di gestione e rivitalizzazione di aree abbandonate.

Dal virtuale al reale, da un’infrastruttura tecnologica a eventi legati all’architettura, al design e all’arte che accendano i riflettori sugli spazi urbani in disuso.

Come si articola il vostro lavoro di riqualificazione degli spazi abbandonati? Quali sono i vostri strumenti?

L'ex sede della Polizia Municipale di Rimini

PopHub è uno strumento per osservare, conoscere, interpretare e riattivare.

Il nostro lavoro include diversi ambiti operativi per offrire uno strumento di rilevazione urbana al servizio delle città, delle amministrazioni locali e dei tecnici. Un database è popolato direttamente dai fruitori della città e accessibile a tutti.

Abbiamo piattaforma e un’App mobile per consentire a chiunque di segnalare spazi ed edifici. Si possono anche condividere contenuti, contribuendo alla realizzazione di specifiche schede operative e di azioni concrete.

In alcuni spazi organizziamo eventi collettivi e interventi pubblici temporanei. Nascono dall’incontro delle energie creative presenti sul territorio per favorire nuove forme di interazione tra abitanti e beni comuni e per attrarre l’attenzione di attori pubblici o privati per un pieno recupero di questi spazi.

La nuova questura di Rimini

Quanta partecipazione state riscontrando da parte di cittadini, amministrazioni e istituzioni?

In Emilia-Romagna, ad esempio, siamo attivi da tre mesi e i risultati sono, nel complesso, positivi.

Gli strumenti e le azioni attivate hanno permesso di includere sempre più attori nel processo. Alcuni di questi partecipano attivamente all’implementazione dei dati e alla verifica delle informazioni ottenute sul territorio. Così come è plausibile prevedere che nuovi edifici entreranno nella rete.

L’utente potrà sempre interagire con la piattaforma, contribuendo a costruire costantemente un’istantanea aggiornata della sua città.

Stiamo inoltre costruendo, con la Regione, un percorso condiviso che ci consenta di contare sul supporto concreto delle pubbliche amministrazioni per validare e aggiornare le informazioni sulla piattaforma. Ma anche per studiare forme di sviluppo dello strumento che attivino più velocemente la rivitalizzazione del patrimonio dismesso.

Speriamo di avviare anche collaborazioni con i principali stakeholders locali.

Siete gli unici, in Italia, a occuparvi di riqualificazione degli spazi abbandonati? E all’estero?

No, in Italia la riqualificazione degli spazi abbandonati è molto sentita. C’è un buon numero di gruppi che affronta la problematica del dismesso, seppur con diverse declinazioni.

Possiamo citare una rete di gruppi, in tutta Italia, che hanno aderito al manifesto RE-BEL ITALY lanciato da Tempo Riuso di Milano, manifesto per il riuso di spazi in abbandono e sottoutilizzati, tra cui Manifetso 2020 a Trieste e Spazi Indecisi a Forlì.

Un’altra iniziativa importante è quella portata avanti da Planimetrie Culturali, promotrice di una proposta di legge regionale a favore della bonifica culturale temporanea degli spazi dismessi.

Ci sono anche gruppi che agiscono più nello specifico e che si occupano di alcuni casi particolari. Un esempio è Meme Exchange, che opera per ridare vita alla Darsena di Ravenna, Save Industrial Heritage, con sede a Bologna, o Spazio Grisù a Ferrara.

Nel nostro territorio c’è Casa Netural, che sta avviando sinergie con diversi gruppi attivi in Puglia.

All’estero si va dall’edificio Manifesto di Lisbona ad agenzie, attive soprattutto nei paesi anglosassoni, specializzate nell’individuazione e nel sostegno per la riapertura con metodi innovativi e appetibili, specie di locali commerciali inutilizzati.

Cosa riserva il futuro?

A Maggio 2015 le attività finanziate dal Ministero termineranno: a quel punto il progetto dovrà essere autostenibile.

Nel frattempo, proseguiremo la mappatura del Sud e Centro Italia, e realizzeremo iniziative sui territori già censiti.

A breve pubblicheremo la versione definitiva dell’applicazione mobile per iOS e Android.

Continueremo il percorso avviato con il Comune di Bari nell’ambito del protocollo d’intesa stipulato con l’amministrazione. Servirà anche come caso di studio per la realizzazione di un documento con le linee guida sulla gestione del patrimonio inutilizzato o dismesso.