Ci sono tantissime storie di ciclismo appassionanti, in giro, e questa settimana voglio raccontarvene una io. C’è qualcuno, in quel di Forlì, che ha deciso di attraversare gli USA a bordo della propria bicicletta da corsa: si chiama Luigi Barilari, classe 1955.

Luigi Barilari

Luigi è una persona sorridente, senza paura e con un fantastico accento romagnolo. La sua è una di quelle storie che continueresti ad ascoltare per ore. I suoi occhi brillano, quando la racconta. Luigi e la sua umiltà, Luigi e le sue storie di ciclismo, Luigi e la sua vita dedicata alla continua sfida con sé stesso.

Luigi, da dove è spuntata fuori questa tua passione per la bici? Me lo dici?

Ciao, Anna! È nata quando ero un ragazzino. Pensa che ho dovuto abbandonarla per colpa del mio medico di famiglia: diceva che il mal di stomaco, di cui spesso soffrivo, fosse dovuto a lei!

Ho ripreso col ciclismo dopo essermi sposato, quando i miei figli erano già abbastanza grandi, continuando alcuni anni per poi smettere di nuovo.

È nel 1996 che ho ripreso con una certa frequenza, e ciò che mi ha spinto a rimettermi in sella è stato l’interesse di mio figlio Gianluca verso questa disciplina sportiva.

I migliori anni del nostro rapporto sono stati proprio quelli in cui abbiamo pedalato insieme: Gianluca è stata la molla che mi ha motivato a rimettermi in sella.

Nel 1996 ho affrontato la mia prima Nove Colli, la più importante granfondo del nostro territorio: in 6 ore e 45 minuti ho percorso 130 km.

Nel 2002 è stata la volta del mio primo Prestigio, un percorso dato da 7 diverse corse che formano uno dei circuiti più belli di tutta Italia.

Prestigio

E poi? Continua a raccontare: la tua storia già mi appassiona!

Nel 2004 ho fondato il Team Outsider, attivo ancora oggi.

Nell’ambito delle granfondo, la mia miglior prestazione è stata la Nove Colli del 2006: 200 km percorsi in 6 ore e 45 minuti! Nel mondo delle granfondo c’era molto agonismo, ma sentivo di voler guardare la bici con altri occhi. Le mie prestazioni sulle lunghe percorrenze, tra l’altro, erano buone.

È così che, dopo aver partecipato alla Rimini-Viareggio, mi sono appassionato al mondo delle randonnée, stimolato anche dall’amico Giorgio Zauli. Nel 2007 ho accompagnato Giorgio alla randonnée più famosa d’Europa, la Parigi-Brest-Parigi, promettendomi di affrontarla anch’io.

Così ho iniziato a macinare sempre più km: 400..500..fino ai miei primi 900 km nella Sorrento-Tropea-Sorrento. Un tragitto, quello, che ho percorso con Carla Sedioli, la ciclista insieme alla quale avevo partecipato alla Rimini-Viareggio.

Nel 2010 ho raggiunto il traguardo della 1001 Miglia, la randonnée più lunga d’Europa: 1660 km percorsi in 88 ore.

La Parigi-Brest-Parigi l’ho affrontata nel 2011, ed è stata una gran bella soddisfazione! Due anni fa, invece, ho conseguito La Magnifica, la granfondo di 130 km che inizia e finisce a Forlì.

Parigi-Brest-Parigi

Che cos’è la bici, per te?

La bici è una valvola di sfogo, è salute, libertà, energia, adrenalina, e ti aiuta a vedere le cose più chiare e in positivo. Pensa che molti dei miei problemi li ho risolti pedalando. La bici mi ha reso ottimista.

Bene, ora parliamo della più incredibile fra le tue storie di ciclismo: la RAAM (Race Across America). Quando e perché hai deciso di cimentarti in questa avventura?

Quando si parla di RAAM si fa riferimento all’ultracycling, cioè a una competizione in solitaria. È il mitico coast to coast degli Stati Uniti, però fatto a ritroso rispetto al cammino dei pionieri dell’800.

Il mio interesse nei suoi confronti è nato dalla mia passione per le randonnée. Nel 2011, inoltre, avevo partecipato alla presentazione di uno dei 9 italiani che avevano preso parte alla RAAM, la prima e unica donna ad aver affrontato l’avventura: Sabrina Bianchi. Dopo quell’incontro, la Race Across America è ufficialmente divenuta la mia ossessione: non potevo farmela scappare. Sarebbe entrata fra le mie storie di ciclismo, senza alcun dubbio!

Ho subito chiesto a Mauro Farabegoli, il team manager di Sabrina, di accompagnarmi in questa nuova avventura: attraversare l’America da costa a costa in un tempo massimo di 12 giorni.

Abbiamo fondato un team e, da fine 2011, ci siamo incontrati ogni mese per studiare l’organizzazione dell’impresa e conoscerci più a fondo.

La mia preparazione ha richiesto un anno e la sfida è giunta nel 2012.

La Race Across America non è affatto semplice da fronteggiare: ho percorso 4.870 km in 11 giorni e 22 ore (dopo i primi 900 km, sono iniziati i primi dolorini al fondoschiena…).

Sono partito da Ocean Side, in California, e sono arrivato ad Annapolis, nel Maryland, pedalando mediamente per 20 ore al giorno. Una faticaccia!

Quali Stati hai attraversato?

Parecchi: California, Arizona, Utah, Colorado, Cansas, Missouri, Illinois, Indiana, Ohio, West Virginia, Pennsylvania e Maryland.

E il tuo team di supporto tecnico?

Il furgoncino di supporto è stato sempre dietro di me. Il gruppo tecnico era composto dal team manager Mauro Farabegoli, da diversi autisti, dal cuoco e da un video operatore.

Senza il mio gruppo non ce l’avrei fatta: sono stati loro a comunicarmi le direttive attraverso il megafono installato sul furgone. E sono stati sempre loro a impormi di mangiare e di bere a intervalli regolari.

Di notte avevano paura che mi addormentassi in sella alla bici, così diffondevano la musica sul mio smartphone con l’altoparlante!

Le storie di ciclismo, certe volte, implicano anche il timore di non farcela. Hai mai avuto paura, Luigi? Hai mai pensato di non farcela?

Sì, ho avuto diversi momenti di sconforto. Il tragitto non è stato semplice, alcuni tratti di strada sono stati piuttosto pericolosi.

A darmi la forza è stata la voglia di farcela e di non deludere il mio team di supporto tecnico: tutti lavoravano affinché potessi dare il massimo, giorno dopo giorno.

Quanto ti ha emozionato giungere al traguardo della RAAM?

Quando sono arrivato alla fine, l’emozione è stata enorme, non trovo le parole per definirla.

Sono diventato l’eroe dei miei nipotini! Al mio ritorno, Forlì mi ha accolto con una grande festa, sono stato addirittura premiato.

RAAM

Prima di salutarci, dimmi: qualcuno, durante quei festeggiamenti, ha detto qualcosa che ti ha colpito?

Una ragazza, dopo aver visto il video dell’avventura, ha detto: ’È bellissima l’umiltà con cui avete affrontato questa esperienza’. Quello è stato il complimento più bello.

Traguardo