Il mondo in cui viviamo sta cambiando molto rapidamente e si avverte sempre più l’urgenza di un movimento italiano per il clima.

Non ci sono più le stagioni di una volta, non ci sono più i ghiacciai di una volta, non c’è più il sole di una volta. Non ci sono più le precipitazioni di una volta, né tantomeno la disponibilità idrica e l’agricoltura di una volta. Tutto ciò si ripercuote sul nostro stato di salute, perché è dall’ecosistema in cui viviamo che dipende la qualità della nostra vita: malato l’ambiente, malati noi.

Il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori sfide dei prossimi anni e la nostra generazione è forse l’ultima a poter far qualcosa.

A questo proposito, dal 30 novembre all’11 dicembre 2015, Parigi ospiterà la XXI Conferenza delle Parti (COP21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC).

Se si parla tanto di COP21, un motivo c’è: nelle due settimane di negoziato, migliaia di delegati e di ricercatori si daranno appuntamento alla Ville Lumière per trovare un accordo internazionale e vincolante sul clima. Un accordo capace di limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C.

Ogni Paese è stato invitato a proporre soluzioni per la riduzione del consumo di combustibili fossili. Ma anche per il contenimento delle emissioni di gas serra e per il conseguente global warming. Quali accordi verranno raggiunti?

Fra i presenti alla conferenza ci sarà anche un movimento italiano per i clima: Italian Climate Network. Qualche giorno fa ho intervistato Veronica Caciagli, esperta di politiche riguardanti i cambiamenti climatici e l’energia nonché co-founder e presidente dell’associazione.

Veronica Caciagli

Gentile Dott.ssa Caciagli, innanzitutto grazie della Sua preziosa disponibilità. Diamo inizio a questa intervista cercando di conoscere meglio Italian Climate Network: quando nè nato questo movimento italiano per il clima, e perché?

Ciao, Anna. Questa associazione è nata nel 2011 per costruire un ponte fra scienza del clima e pubblico.

Il gruppo dei fondatori, costituito da me, da alcuni climatologi e da altri professionisti del clima, pensava che ci fosse un buco nell’informazione inerente i cambiamenti climatici. Specie in termini di quantità e di approfondimento delle informazioni.

In Italia, oltretutto, mancava un’informazione sui negoziati climatici.

Italian Climate Network è partner di 350.org, il movimento mondiale per il clima, con cui organizziamo giornate di mobilitazione.

Le successive attività si sono sviluppate e arricchite anche grazie all’aggiunta dei volontari. Oggi abbiamo un team di 30 persone, oltre agli associati.

Come viene percepito l’argomento clima, in Italia? Pensa che la sensibilità a tal proposito sia in aumento?

Sì, grazie al nostro movimento italiano per il clima stiamo notando un aumento d’interesse. Ma non è ancora sufficiente.

Le persone faticano a collegare le cause e le conseguenze dei cambiamenti climatici. Non dovrebbe essere difficile, visto che in Italia stiamo assistendo a un aumento consistente dei fenomeni atmosferici estremi.

Ancora fatichiamo a far comprendere la connessione tra tutti i punti. I fenomeni atmosferici estremi sono una conseguenza dei cambiamenti climatici. Essi si collegano all’aumento di gas serra in atmosfera, provocato dalla produzione di energia da fonte fossile e dal disboscamento.

Le nuove generazioni sono più sensibili, attente e interessate al clima, in parte grazie alle scuole e ad alcuni insegnanti pionieri dell’educazione ambientale. Anche il web contribuisce in questo senso.

Buona parte del nostro team è composto da giovani di età inferiore ai 26 anni che si relazionano anche con ragazzi di altre parti del mondo.

Quali sono le attività che vi coinvolgono di più?

Ora ci stiamo preparando alla COP21 di Parigi. Nel corso delle due settimane, la nostra delegazione porterà alla conferenza circa 20 persone. Condurremo un’attività intensiva di comunicazione, con un reporting giornaliero e diverse dirette in live streaming. Anche in questo caso, una parte consistente del gruppo sarà composta da ragazzi under 26.

Da poco tempo abbiamo una nuova sezione a cui teniamo molto, Donne, Diritti e Clima, che riguarda le questioni di genere femminile. In Italia si parla poco dei cambiamenti climatici e delle questioni di genere rispetto ai cambiamenti del clima.

Le donne dei paesi in via di sviluppo sono le figure più vulnerabili ai cambiamenti climatici, quelle che hanno meno possibilità di adattamento e di difesa. Non si può pensare di applicare efficaci politiche di adattamento senza considerare la condizione femminile. In molte società, oltretutto, sono le donne a occuparsi maggiormente della gestione della casa e delle risorse, così come dell’educazione dei figli e dell’educazione ambientale.

Insieme ad altre associazioni stiamo per lanciare Divestment. È una campagna nata da 350.org che si è diffusa in tantissimi paesi del mondo grazie alle associazioni locali. Si chiede a fondi, enti e istituzioni di togliere i finanziamenti destinati alle fonti fossili. Negli USA, e in diverse altre nazioni, questa campagna ha avuto un buon riscontro.

Facciamo anche parte della Coalizione per il Clima. Il 29 novembre, organizzeremo una manifestazione nazionale che si terrà a Roma per la vigilia della Conferenza di Parigi.

Ora parliamo della COP21. Nel dicembre 2015 ci si prepara a raggiungere una serie di decisioni, in primis un accordo da applicare a tutti i paesi. Bene, la mia domanda è: a che punto siamo?

Gli impegni della maggioranza degli Stati del mondo sono stati presentati e alla UNFCCC, l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa dei cambiamenti climatici.

Ora è in corso la valutazione del loro effetto aggregato. Intanto, la maggioranza dei paesi del mondo ha presentato i propri impegni e questo è un grande passo in avanti. Per conoscere il risultato atteso, però, dovremo aspettare.

Lei crede che la COP21 sia un’opportunità reale per l’adozione di un modello di sviluppo sostenibile?

Sarà un momento fondamentale, una condizione necessaria ma non sufficiente: non è il singolo evento che cambia le sorti del nostro pianeta. Gli Stati stanno presentando degli impegni che, successivamente, saranno trasferiti a un trattato che ci auguriamo essere vincolante.

Le questione sono: saranno sufficienti? E soprattutto: saranno perseguiti? Queste sono le vere sfide. E sono sfide di medio e lungo termine che richiederanno un forte impegno da parte della società civile.

Oggi abbiamo due visioni del mondo contrapposte: quella che prevede il mantenimento dello status quo con le fonte fossili di energia e quella che prevede una transizione veloce verso una produzione di energia da fonte rinnovabile.

Ci sono aziende energetiche che cercano nuovi combustibili fossili, nuove riserve di petrolio e di carbone. Sono investimenti di denaro che non porteranno ad avere un reddito collegato. Credo sia folle.

Ciò che verrà deciso sarà sufficiente a combattere una crescita delle temperature medie globali, secondo Lei?

Credo che a Parigi si potrà giungere a un accordo capace di mitigare l’aumento delle emissioni climalteranti. Credo anche che non sarà sufficiente a evitare il rischio di aumenti delle temperature non accettabili.

Una volta conclusasi la COP21, non bisognerà far trascorrere troppo tempo per mettere in pratica i nuovi passi da seguire. E occorrerà un maggiore sforzo da parte della società civile.

Incrociamo le dita e rimbocchiamoci le maniche tutti quanti.

Foto di copertina: Joshua Earle via Unsplash.